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Qualcuno ha pensato ai clienti nel processo di innovazione?

Ecco una domanda utile da porsi per capire la differenza tra quella che è semplicemente un’idea e qualcosa che invece può trasformarsi in un processo di innovazione.

Innovazione”, un termine ormai così inflazionato da portare al parossismo le reazioni nei suoi confronti. A seconda dei casi questo termine si trasforma in un mantra miracoloso, in una panacea universale o in una perdita di tempo.
Ma perché siamo arrivati a tanto? Non dovrebbe, l’innovazione, essere inserita in un processo fondamentale di un’azienda di successo?
Fernando Trias de Bes, imprenditore e esperto di Marketing catalano, identifica insieme a Philip Kotler, nel libro Innovare per Vincere7 problemi che hanno fatto sì che l’innovazione versi nello stato attuale.

 

1. Che cosa significa veramente innovare?

Le piccole innovazioni costanti sono fondamentali e dovrebbero rappresentare la norma, non l’eccezione. Per questo è importante cambiare il proprio mindset. Non bisogna pensare all’innovazione come qualcosa da raggiungere con una sorta di strappo, da un giorno all’altro, bensì come un percorso che ha una meta precisa e che, questa sì, cambia le carte in tavola ed è pronta a strabiliare.
Ecco perché, nelle organizzazioni, è importante avere un processo che ripeta continuamente questo percorso di  produzione e implementazione di idee innovative.

 

2. Chi è responsabile del processo d’innovazione?

Nominare all’interno di un’azienda un responsabile dell’innovazione dovrebbe essere la regola ai tempi d’oggi.
Nonostante la capacità di innovare sia fondamentale per la sopravvivenza della maggior parte delle aziende, i responsabili sono spesso non identificati come tali. Spesso se ne occupa R&D, e i più fortunati con l’apporto del marketing, che formano il club esclusivo degli innovatori. Ma l’innovazione non dovrebbe essere riservata a pochi membri di un club che pontificano tra di loro.

L’innovazione è un impegno e una responsabilità di tutta l’azienda.

In questo modo si possono avere tre tipologie di innovazione:

  • chiusa (svolta da singoli reparti)
  • collaborativa (svolta collettivamente dall’azienda)
  • aperta (in cui vengono coinvolte persone esterne all’azienda).

 

3. Qual è la differenza tra innovazione e creatività?

Finalmente dopo tanto spremersi le meningi arriva la grande idea! E poi?
Spesso capita che un’idea ricca di potenziale resti per anni all’interno dell’organizzazione, rimbalzata a destra e sinistra senza che nessuno si prenda la responsabilità di gestirla. Questo è un chiaro sintomo che la creatività non basta per arrivare all’innovazione.
Abbiamo visto come il processo di innovazione sia sostenuto e alimentato in primis dalle persone. Oltre a queste serve creare un processo capace di far sì che le grandi idee non rimangano soltanto sulla carta ma trovino il modo di essere adottate, creando un impatto positivo.

E già qui iniziano le prime difficoltà: siamo sicuri che innovazione e creatività vadano di pari passo?
Molto spesso non c’è carenza di persone creative, bensì di figure preposte a gestire i frutti della creatività e a trasformarli in innovazione. L’innovazione richiede persone creative, ma comporta anche la determinazione di obiettivi chiari, la definizione di strategie, l’identificazione delle risorse e dei rischi.  Soprattutto serve  identificare i responsabili correlati ad ogni passo nel processo di innovazione, dalla nascita di un’idea fino alla sua effettiva realizzazione.

 

4. Qual è lo scotto da pagare?

Ogni giorno in cui siamo al lavoro comincia una nuova sfida. Dobbiamo fare in modo che il nostro lavoro generi dei profitti e, nel frattempo, dobbiamo anche guardare al futuro per capire come innovare e anticipare i cambiamenti per mantenere la posizione e progredire senza correre il rischio di scomparire.
Ma è molto difficile domandarsi come fare le cose in un altro modo mentre le si fanno.
Per questo è difficile innovare, perché l’innovazione comporta spesso la modifica di qualcosa che, almeno per il momento, funziona. Quante volte si sente la frase: “Abbiamo sempre fatto così”?
D’altro canto, però, si tratta di decidere tra l’uovo oggi e la gallina domani: un imprenditore lungimirante e illuminato non avrà il minimo dubbio su quale alternativa scegliere. Si tratta quindi di avere il coraggio apportare dei cambiamenti a ciò che funziona mentre si è impegnati a portare avanti anche la routine quotidiana, e non c’è un modello preciso che definisce il momento giusto in cui cambiare.

 

5. Chi ha il controllo della situazione?

Le aziende hanno regole ben definite quando si tratta, per esempio, di contabilità o di vendita. Nell’innovazione invece non hanno ancora sviluppato un quadro di riferimento condiviso. Il processo che porta all’innovazione deve avere innanzitutto regole definite e ci deve essere consenso su quali siano le variabili da monitorare.
Nello specifico, monitorare l’innovazione è il vero problema: senza un framework di riferimento, senza dei paragoni che non si fermino soltanto ai risultati, il compito diventa pressoché impossibile. È necessario attribuire all’innovazione un adeguato modus operandi, iniziando a considerare l’innovazione come una parte del management operativo.

Quando si assegnano delle responsabilità per il processo di innovazione, il controllo diventa possibile.

 

6. Chi coordina i vari aspetti del processo di innovazione?

Come dovrebbe essere la coordinazione tra i vari reparti che, ognuno a suo modo, sono chiamati a contribuire al processo innovativo? Perché il vero obiettivo per le aziende oggi è creare una cultura  dell’innovazione condivisa tra tutti i membri dell’organizzazione.

Spesso però si osserva una mancanza di coordinamento:

  1. Orizzontale: cioè il coordinamento tra i reparti, tra soggetti dello stesso livello all’interno dell’azienda. Se tutti avessero un interesse concreto per come vengono sviluppate le idee, queste riceverebbero la spinta necessaria a diventare strategie e a passare dalla teoria alla pratica. Il problema spesso è che il processo di innovazione avviene per reparti stagni: qualcuno ha un’idea, qualcun altro la sviluppa, un altro ancora la mette in pratica.
  2. Verticale: ossia il coordinamento tra il management e il resto dell’organizzazione. Succede spesso che venga fatta la proposta di lanciare nuovi prodotti che il management non è disposto a finanziare, o che comportano un rischio maggiore di quello che si è disposti a sostenere.

Lo squilibrio tra gli obiettivi dell’azienda e quelli dell’innovazione è uno dei principali ostacoli alla realizzazione di un processo di innovazione di successo.

 

7. Qualcuno ha pensato ai clienti?

Ecco una domanda utile da porsi per capire la differenza tra quella che è semplicemente un’idea e qualcosa che invece può trasformarsi in innovazione. Questa idea aumenta il valore percepito dal cliente?
Se sì, allora un’idea ha tutte le carte in regola per trasformarsi in innovazione.

È impossibile innovare se non ci si focalizza sulle esigenze del cliente finale. L’innovazione, alla fine del suo processo, al momento di uscita sul mercato, deve essere accettata dal cliente, deve riuscire a farlo passare da un servizio o un prodotto che usava in precedenza a qualcosa di nuovo. Questo passaggio non è sempre scontato: spesso il cambiamento ci spaventa, così il cliente sarà disposto a compierlo solo se i benefici che immagina di poter conseguire sono di gran lunga superiori a quelli offerti dal prodotto o servizio precedente.
Per questo spesso non si riesce ad innovare semplicemente affidandoci al brainstorming. In fondo i componenti dell’azienda, nonostante le spiccate capacità deduttive e per quanto rappresentino un campione in target, costituiscono comunque una piccola percentuale della giungla di clienti con cui, poi, l’innovazione dovrà interfacciarsi.

Queste sono le domande che molte aziende ignorano e che, se non ottengono una risposta adeguata, non permettono di avere risultati soddisfacenti.

 

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