Storia di una volpe: Roberto Trombetta
Quando sai che gli effetti di ciò che hai realizzato gioveranno ai lavoratori, alle loro famiglie ed ai loro amici allora sei felice.
Le cose non accadono per caso.
Me ne sono andato dalla azienda dove lavoravo come dipendente perché lì non c’era più nulla che mi potesse interessare. Ho rotto l’antico patto fatto con me stesso di rimanere felicemente schiavo del posto fisso. Fino alla fine. La pensione. A guardare bene indietro mi chiedo come sia stato possibile che abbia pensato, anche solo per un attimo, che non ci fosse un altro traguardo, che l’unica aspirazione fosse quella di diventare abbastanza vecchio da smettere di lavorare. Non ero soddisfatto di quello che facevo, per niente. Quando oramai ero un fantasma avevo trovato una felice armonia, ma per il resto solo noia, umiliazione, tempo perso. Poi il salto nel vuoto. All’improvviso ero solo in mezzo al mare e avevo in mano il timone. Per la prima volta.
Navigare
Mi serviva una rotta. Non vai da nessuna parte senza una rotta. Senza una rotta muori. Ma in mari come questi non te la scegli tu la rotta, è la barca che la sceglie. La mia barca è codice, è hardware, è interconnessione tra macchine. Ho seguito la rotta che mi ha indicato ed ho iniziato a navigare verso qualcosa. Come le cime delle montagne di isole lontane affiorano dal mare alla vista dei naviganti per effetto della curvatura terrestre io ho visto apparire situazioni, lavori, persone.
Nei romanzi di pirati c’è sempre un’isola del tesoro, un’isola incantata dove il tempo si è fermato. Un’isola dove le sirene cantano ancora e gli uomini e gli animali vivono in armonia. Un’isola dove è possibile vivere felici. Nei romanzi dei pirati è quella la storia, trovare l’isola del tesoro. Vivere felici. Ora, voi capirete, se teniamo buona la metafora dei pirati e dell’isola del tesoro allora ci serve una mappa.
A volte capita, in mezzo al mare, di trovare altri naviganti, come te in cerca di approdi. Ed io ho incontrato un navigante, un amico, uno con cui ne avevamo passate abbastanza da capirci velocemente senza grandi spiegazioni. E lui mi ha detto che aveva trovato una mappa ed era stato nell’isola del tesoro. E che adesso collaborava con i suoi abitanti. E mi ha raccontato che non era per puro caso o per magia che questi abitanti vivevano felici ma era perché erano degli studiosi. Studiavano come essere felici. Mentre si lavora. E se pensiamo che passiamo la maggior parte del tempo a lavorare capite bene che essere felici mentre si lavora ci garantisce una bella quantità di felicità. Ecco la mappa ed ecco l’isola del tesoro.
Alla ricerca della felicità
Come ho detto è la barca che decide la rotta. Il caso ha voluto che alla barca piacesse la rotta descritta nella mappa. Agli studiosi serviva codice. Ho navigato e sono andato al loro cospetto. Ci siamo incontrati e loro mi hanno parlato. Ed io ho capito. Ho capito che lavorare per rendere felici gli altri nel loro lavoro li rendeva felici. Quando arrivi a fine giornata e sai che le ore che hai dedicato, che gli sforzi che hai compiuto, serviranno a far stare bene altri che lavorano come te sei felice. Quando sai che gli effetti di ciò che hai realizzato gioveranno ai lavoratori, alle loro famiglie ed ai loro amici allora sei felice. Quando sai di poter rendere il mondo migliore sei felice.
Dopo un posto fisso che mi inchiodava a noia, umiliazione, tempo perso, un’isola così era, per me, come la classica oasi nel deserto. Non il miraggio, ma una vera oasi, con palme, acqua fresca e datteri. Ed ora navigo felice nelle sue acque. Non solo in quelle, a dire il vero; la mia curiosità mi ha portato a scoprire altre isole. E ora, in tutti i miei viaggi, cerco di far conoscere la mappa ai naviganti che incrociano le mie rotte, perché anche loro diventino viaggiatori felici come me.
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