Come prevenire la sindrome da Burnout (o Burn-out) nella tua organizzazione

Tutto è cominciato a causa di una zanzara…

No. Questa non è l’introduzione di Jurassic Park. É piuttosto l’inizio di una problematica che sta emergendo sempre più frequentemente negli ambienti in cui trascorriamo gran parte della nostra giornata.

Vi ricordate la zanzara del precedente articolo sullo stress?

L’abbiamo utilizzata come metafora per spiegare l’accumularsi di fattori esterni che determinano lo stress, proprio come se una zanzara ti stesse ancora tormentando: ti porterebbe all’esaurimento nervoso! Potenzialmente potrebbe sfinirti fino al punto di sentire demotivazione, ansia o addirittura depressione. Una tensione tale che influisce anche solamente il pensiero e può distrarti dall’importante progetto a cui stavi lavorando, facendoti passare la voglia di farlo, o, ancora peggio, non facendoti apprezzare la soddisfazione di aver raggiunto quell’obiettivo tanto desiderato.

Sei teso e irritabile e non vedi l’ora di uscire da quella stanza, con la speranza di sbarazzarti una volta per tutte di quella maledetta zanzara.

Prevenire la sindrome di Burnout significa riconoscere in primis queste 3 sensazioni di:

  1. Distacco dal proprio lavoro e perdita della motivazione
  2. Ridotta soddisfazione e senso di realizzazione
  3. Stato di costante tensione e irritabilità

Si tratta di una vera e propria sindrome che sfocia in una reazione emotiva, cognitiva e comportamentale e che vede il soggetto allontanarsi progressivamente da una fonte di malessere. La parola Burnout deriva dall’inglese e, letteralmente, significa esaurimento: bruciarsi a causa di una forte condizione di stress.

Demotivazione, delusione e disinteresse sono solo alcuni degli stati emotivi indice di un graduale e silenzioso logorio psicofisico:

  • A livello Cognitivo/Emotivo comporta distacco, trascuratezza degli affetti e delle relazioni sociali, eccessiva importanza data al lavoro, demotivazione, difficoltà di concentrazione, irritabilità e senso di colpa.
  • A livello Comportamentale si traduce in aggressività, mancanza di iniziativa e assenteismo.
  • A livello Fisico si manifesta in emicrania, insonnia, inappetenza e senso di debolezza.

Quali sono le cause dietro al Burnout?

Le cause del Burnout sono molteplici e possono essere individuate sia a livello personale (chi tende a dare un’eccessiva importanza alla carriera e al lavoro), sia a livello lavorativo (gestire un carico di lavoro eccessivo, mansioni monotone o conflitti con i colleghi/superiori).

Questa sindrome è ricorrente soprattutto nelle strutture mal gestite a livello organizzativo dove non c’è una buona distribuzione dei carichi di lavoro, o dove le persone vivono uno stato d’ansia che può essere causato sia da una conflittualità tra colleghi, sia da situazioni personali e familiari critiche.

La manifestazione della sindrome di Burnout in un esempio concreto

Proviamo a calare la teoria in un esempio concreto. Da quando aiutiamo aziende e persone a migliorare il benessere sul posto di lavoro ci è spesso capitato di incrociare persone stressate; una di queste aveva evidenti sintomi di Burnout e voglio raccontartela. Per preservare (ovviamente) la sua identità lo chiameremo Mario.

Mario ha 27 anni ed ha appena cominciato a lavorare per una nuova azienda come responsabile commerciale. É entusiasta del proprio lavoro e non perde occasione per aiutare gli altri e per sentirsi utile e indispensabile. É disposto a fare sacrifici, pur di ottenere un successo rapido che gli permetta di essere riconosciuto dai suoi nuovi colleghi, e magari anche di ricevere una bella pacca sulla spalla per le idee che propone. Le aspettative che si è immaginato per il suo futuro in azienda lo fanno sorridere ogni volta che ci pensa, tanto da sacrificare il calcetto del giovedì sera per fermarsi qualche ora di più in ufficio.

A pochi mesi dal suo inizio, Mario non riesce a chiudere il suo primo contratto con un importante cliente, nonostante l’impegno e le rinunce fatte. Si scontra per la prima volta con la dura realtà degli insuccessi lavorativi e della mancata corrispondenza con le aspettative che si era creato. Mario è deluso e per la prima volta percepisce di essere fermo, stagnato.

Le delusioni continuano ad accumularsi e Mario comincia a non sentirsi più all’altezza dell’incarico che gli era stato affidato pochi mesi prima. Forse non era stato formato in maniera adeguata? Arrivato a questo punto comincia a provare un senso di inadeguatezza e frustrazione, tanto che l’iniziale entusiasmo che lo portava a fare straordinari su straordinari si è ora trasformato in pause prolungate e in frequenti assenze per malattia.

Mario col passare del tempo è diventato sempre più distaccato e apatico. Non si sente più coinvolto nel proprio lavoro. Ormai i suoi comportamenti mostrano ai suoi colleghi e ai suoi superiori solamente un irritante disimpegno. É diventato persino indifferente alle critiche che sentiva tra i corridoi. Si sente in colpa per il suo insuccesso e per aver fallito.

 

Le 4 fasi nello specifico

Il Burnout è una malattia professionale e Mario può essere definito a tutti gli effetti bruciato dal troppo lavoro. Ha difatti sperimentato tutte e 4 le fasi che generalmente vengono associate a questa sindrome, più nello specifico queste sono:

  1. Entusiasmo. Il lavoratore è molto attivo e vuole migliorare il proprio status economico e sociale rapidamente. Spesso le sue aspettative sono irrealistiche e spinte da un desiderio di “onnipotenza”.
  2. Stagnazione. Il lavoratore continua a lavorare ma si scontra con la dura realtà dei fallimenti e degli insuccessi, nonché delle sue aspettative e ideali poco realizzabili. Se prima desiderava “tutto e subito”, ora passa attraverso un graduale senso di delusione. Reagisce in modo passivo e/o negativo agli eventi.
  3. Frustrazione. Qui la sindrome comincia ad avere la sua impennata. Il lavoratore comincerà a sentirsi sempre più inutile e di non essere all’altezza del lavoro che deve svolgere, perché non formato adeguatamente. Può assumere atteggiamenti aggressivi verso sé stesso o verso gli altri, avere sintomi d’ansia e mettere in atto comportamenti di fuga dal lavoro
  4. Disimpegno. Il lavoratore, in questa fase di Burnout, sperimenta una vera e propria disaffezione verso la propria professione alternando stati di delusione, insofferenza, cinismo e indifferenza, ma anche sensi di colpa e sensazione di aver fallito.

I sintomi

A causa della sua sindrome da Burnout, Mario ha sperimentato:

  • Crollo delle energie psichiche: fa fatica a recarsi al lavoro ed è diventato ansioso
  • Crollo della motivazione: ha perso tutta l’empatia be la voglia di aiutare i suoi colleghi, ora tende a rifiutare la loro compagnia
  • Crollo dell’autostima: non ha più alcuna fiducia nelle sue capacità e si svaluta sia sul piano professionale, sia personale
  • Perdita del controllo: si sente soffocato dal lavoro e non riesce più a ritagliarsi lo spazio per la sua vita privata
Sintomi del burnout

Chi sono le persone più colpite dalla sindrome di Burnout?

Inizialmente la sindrome da Burnout veniva associata principalmente alle professioni sanitarie e assistenziali, successivamente però è stata associata a qualsiasi contesto lavorativo con alte condizioni stressanti e pressanti come ad esempio posizioni di grande responsabilità.

Tuttavia, ci sono delle peculiarità evidenziate in alcuni studi che individuano una maggior probabilità di sviluppare la sindrome da Burnout in chi ha una tendenza al Perfezionismo e al Workaholism (dipendenza dal lavoro).

Stacanovista vs Perfezionista

Secondo la rivista State of Mind- il giornale delle scienze psicologiche, il Perfezionista è colui che ha la consuetudine di esigere da sé stesso o dagli altri una performance di qualità maggiore, rispetto a quella richiesta dalla situazione. Questo porta il soggetto a ipercriticare il proprio comportamento e a vivere in un costante stato di ansia causato dal bisogno di fare sempre meglio.

Lo Stacanovista o lavoratore affetto da Workaholism, trascorre gran parte del suo tempo in attività lavorative, lavorando eccessivamente. É riluttante nel non farlo e quando non lavora ci pensa in maniera persistente e frequente. Si tratta di lavoratori ossessivi e compulsivi. Hanno “bisogno” di lavorare a scapito della loro felicità, delle loro relazioni interpersonali e del loro funzionamento sociale. Si tratta di una vera e propria dipendenza dal lavoro.

Secondo uno studio condotto da Studi Cognitivi nel 2017 ha dimostrato che il Workaholism e il Perfezionismo possono essere precursori nello sviluppo della sindrome da Burnout. Sembrerebbe infatti che i perfezionisti abbiano più probabilità di diventare dipendenti dal lavoro rispetto ad altri, e i maniaci del lavoro possiedano un rischio di sviluppare Burnout superiore rispetto ad altri. I dati emersi consentono di ipotizzare che un soggetto con una storia di criticismo genitoriale potrebbe essere maggiormente predisposto, in contesti lavorativi stressanti e con un carico di lavoro eccessivo, a sviluppare una delle sindromi oggetto dello studio.

Come migliorare la propria organizzazione e prevenire il Burnout

Per migliorare il benessere organizzativo e creare un luogo sicuro, dove tutti i collaboratori si sentano a proprio agio e liberi di esprimere le loro emozioni, sia positive, sia negative, il primo consiglio che possiamo dare è quello di introdurre piccole pratiche organizzative come quella del chek-in e del check-out nelle riunioni.

Vi ricordate di Mario?

Grazie a queste due pratiche, l’azienda di Mario sarebbe in grado di comprendere cosa sta passando per ottenere il tanto desiderato riconoscimento da parte dei colleghi. Se il team fosse a conoscenza di questo suo desiderio, allora saprebbe complimentarsi con lui dello sforzo che sta facendo per chiudere quell’importante contratto, anziché tacere e dare la cosa per scontato. Magari Mario riuscirebbe ad ottenere anche la desiderata pacca sulla spalla.

A volte abbiamo tutti bisogno di un piccolo incoraggiamento che ci aiuti a capire se tutti gli sforzi che stiamo facendo siano utili agli altri quanto vorremmo. Ed è proprio questo piccolo riconoscimento che può aiutarci a capire se siamo sulla giusta via, dando una piccola scossa alla nostra autostima. È una cosa tanto semplice quanto sottovalutata, in favore di una maggior efficienza che, tende a dimenticarsi del rapporto umano che crea un’organizzazione. È anche utile per capire se una persona sta affrontando, in un determinato momento, un carico di lavoro eccessivo e percepire quindi se i suoi livelli di Stress stanno superando quella soglia “sicura”, e, in questo modo, aiutarla a prevenire la progressione della sindrome da Burnout.

Si tratta dunque, di creare un ambiente di reciproco scambio, di collaborazione e di sostegno.

Ormai, l’idea di un manager che non è capace di mettersi nei panni dei propri dipendenti e che non è in grado di ascoltare altra idea se non la propria non è definibile leader, anzi, potremmo definire questo stile di leadership superata, o meglio ancora, giurassica.

Come prevenire la sindrome di Burnout con la Mindfulness

La Mindfulness vede le sue origini all’interno del buddismo, è una pratica di meditazione non concettuale, universalmente accessibile e non dipende da alcun sistema di credenze. Questa forma di meditazione si fonda sulla presa di coscienza, cioè sulla consapevolezza, di sensazioni ed emozioni, sia positive che negative, con lo scopo di accettarli senza giudizi e valutazioni. L’obiettivo della Mindfulness è quello di osservare e accettare ciò che si osserva in modo da riuscire, successivamente, a estendere questa “attenzione non reattiva” anche al di fuori di noi stessi, applicandola anche alla complessità dei contesi della vita quotidiana.

La pratica costante della Mindfulness può quindi portarci verso un maggior benessere psicofisico. É difatti dimostrato che essa riduce lo stress e le patologie correlate, e, più in generale, aiuta a promuovere cambiamenti nella propria percezione, nel comportamento e nell’atteggiamento con il quale si affrontano le situazioni quotidiane.

Il protocollo Mindfulness Based Stress Reduction

Grazie alla sua capacità di ridurre lo stress, la Mindfulness si è mostrata di conseguenza capace anche di curare i disturbi legati al Burnout. Esiste infatti un vero e proprio protocollo chiamato MBSR Mindfulness Based Stress Reduction che ha l’obiettivo di poter aiutare le persone a ridurre il dolore e lo stress creando un percorso strutturato, in cui si univa la tecnica Mindfulness agli aspetti scientifici e psicoeducativi. Si tratta del modello creato da Kabat-Zinn nel 1979 basato sulla coltivazione della consapevolezza.

Nell’ospedale di Lehigh Valley Hospital & Health Network sono stati coinvolti nel programma MBSR gli infermieri professionisti che vi prestano servizio, confermando l’ipotesi che la Mindfulness sia una strategia efficace per ridurre anche gli effetti del Burnout. Si riscontra infatti una riduzione significativa delle dimensioni di esaurimento emotivo e depersonalizzazione e un trend di miglioramento nel senso di realizzazione personale. I risultati hanno inoltre mostrato un significativo miglioramento in attenzione e consapevolezza alla mindfulness, come dimostrato dallo studio condotto da Cohen-Katz e colleghi (2005).

La Mindfulness però è solo un piccolo ago nel nostro pagliaio, questa infatti non basta per curare la sindrome da Burnout, dal momento che questa non è causata solo da fattori individuali ma soprattutto da agenti esterni che riguardano l’organizzazione dell’azienda stessa.

Conclusione

Per prevenire il Burnout è importante applicare nella propria organizzazione sia pratiche da svolgere singolarmente, come la Mindfulness, sia approcci che favoriscano un ambiente sano in cui ognuno possa sentirsi libero di esprimersi. Sembra un’utopia, ma si può cambiare la cultura aziendale. Un passo alla volta, anzi: una pratica alla volta.

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