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Il lupo alfa non esiste. 4 competenze e 4 regole per sviluppare la leadership diffusa

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Perché continuiamo a credere al mito del lupo alfa?

La narrazione del lupo alfa piace molto. Soprattutto a chi tratta temi riguardanti la leadership e l’organizzazione aziendale.

Autorità, fermezza e coraggio sono le doti che associamo solitamente sia al lupo, sia al leader. Insomma, la famosa immagine del capobranco che guida le sorti del gruppo.

Non a caso, nel ‘900, il leader era colui che aveva il compito di dirigere l’organizzazione. Controllo del personale e capacità strategiche erano le doti che lo rendevano bravo e rispettato. Doveva essere in grado di ridurre l’incertezza e continuare a guidare il team verso un futuro più certo e prevedibile.

In entrambi i casi si tratta di una questione di sopravvivenza: contro le selvagge leggi del mercato per l’uno e contro le ostili leggi della natura per l’altro.

In realtà il branco si discosta molto dalla gerarchia, così come dalla figura del lupo alfa. Questo pensiero ha influenzato molto la nostra società e di conseguenza anche le strutture organizzative, secondo cui un alfa doveva dirigere tutti gli altri componenti del gruppo. Insomma, abbiamo sfruttato e preso come esempio la natura, riadattandola e umanizzandola per rappresentare facilmente l’idea di una società competitiva e piramidale.

Ad ogni modo, se oggi, parlare di futuro prevedibile ci appare bizzarro, se non addirittura impossibile, anche il modello dell’alfa che dirige le sorti del gruppo fa sorgere qualche dubbio.

Cosa significa essere leader oggi?

Quali sono le doti che servono al leader di oggi? Si tratta di saper prendere le decisioni giuste? Di saper gestire l’incertezza? Di saper convincere gli altri?

Secondo questo articolo de Il Sole e 24 ore niente di tutto questo!

Il leader è colui che riesce a conquistare la fiducia delle persone. Senza un gruppo che sceglie di affidarsi ad una persona, non può esistere leader.

Derek Sivers, imprenditore, autore, pensatore e musicista americano in un’interessante riflessione sulla leadership, sostiene che Il leader è fatto dai primi follower.

Sivers si fa ispirare da una situazione comune: in un campo pieno di gente, improvvisamente un ragazzo decide di alzarsi e di cominciare a ballare sul ritmo di una canzone che sembra piacere solo a lui.

Nessuno sembra volerlo seguire. In questo momento, il ragazzo non è altro che un “matto solitario” che balla a caso. Successivamente un’altra persona inizia a ballare seguendo l’esempio del primo ragazzo, e qui abbiamo la svolta della storia: il “primo follower”, che dimostra alla folla la possibilità e la facilità di seguire quello che prima era solamente un “matto solitario”. Il primo follower si mette in gioco per un’idea che non è la sua, insomma, compie un atto di coraggio.

La storia però non finisce qui, una terza persona decide di aggiungersi allo strano ballo. Qui la rivoluzione. Tre persone che ballano diventano agli occhi del pubblico una “folla” irresistibile e attrattiva che non lascia scampo. Non ballare diventa ora la scelta più difficile. Ed è proprio in questo specifico momento che il “matto solitario” si trasforma in un vero e proprio leader.

Conclude Sivers: i leader sono in realtà sopravvalutati, il vero coraggio sta in chi sceglie di rendere la leadership efficace, sposando il cambiamento suggerito da qualcun altro.

La chiave sta perciò nella fiducia e nella relazione che siamo in grado di instaurare con le persone.

Come far presa sul “primo follower”

Compresa l’importanza del “primo follower”, come far presa nelle persone affinché si affidino ad un leader? Quali sono le doti che ispirano fiducia nelle persone?

Apertura verso le nuove idee, cooperazione e sviluppo personale sono le caratteristiche che attraggono le persone. Il cambiamento è perciò radicale: il leader non è più imposto e non può neanche più imporre, ma deve essere scelto ogni giorno dai componenti del suo team.

Quindi, come farsi scegliere?

Mostrando interesse nei confronti delle persone. Ascoltando le loro idee e opinioni, collaborando con loro ed essendo flessibili in modo da poter attingere ai punti di forza di ogni collaboratore, valorizzando diversità e talenti.

Si tratta di un nuovo modo di fare leadership, più empatica, condivisa e collaborativa: la leadership diffusa.

La leadership diffusa: verso un nuovo modello di leadership?

La leadership diffusa permette di essere contemporaneamente sia leader, sia follower.

Secondo Daniel Goleman la leadership riguarda la capacità di influenzare la gente, e aiutarla a lavorare meglio per raggiungere uno scopo finale in comune. Il leader diffuso non dovrà quindi limitarsi a guidare il gruppo, ma anche a motivare e a valorizzare i talenti di ogni singolo collaboratore.

Non si tratta più solo di un leader che influenza il gruppo ma di un leader che a sua volta viene influenzato e si lascia influenzare dal gruppo stesso. In questo modo, le persone si sentiranno più coinvolte e felici di dare il loro contributo, eliminando tutti quei freni che solitamente bloccano lo spirito d’iniziativa.

É tutta una questione di imparare a passare il testimone! All’interno del team assumerà la posizione di leader chi, in base a ruolo e capacità, ha più dimestichezza su determinati ambiti e/o argomenti. Si tratta dunque di assumersi la responsabilità di guidare un certo progetto quando ci riteniamo in grado di farlo o di passare la palla quando pensiamo che qualcun altro sia più bravo di noi.

In questo modo ognuno può assumere il ruolo di guida quando più lo ritiene necessario.

Per fare ciò serve sviluppare una buona consapevolezza riguardo i propri talenti, i propri ruoli e le responsabilità che ne conseguono. É un atto di fiducia sia nei confronti delle nostre stesse capacità sia in quelle dei nostri compagni.

Premesso ciò, ora possiamo passare allo step successivo, ovvero quello di creare gruppi dove venga incentivato l’impegno e la responsabilità, a favore di un migliore rendimento dell’intero gruppo e dello sviluppo di processi di responsabilizzazione e apprendimento.

La proattività diventa l’ingrediente principale per creare un modello di leadership diffusa.

Le 4 competenze del Capitano

Non tutti possiamo eccellere in tutto. Proprio per questo motivo la leadership è un processo che emerge dall’interazione di più persone che contribuiscono mettendo in campo i propri punti di forza. Per sviluppare un modello di leadership diffusa secondo la prof. Deborah Ancona, fondatrice del MIT Leadership Center e del MIT Sloan School of Management, questo concetto vede le sue colonne portanti in 4 diverse competenze:

  1. Sensemaking, ovvero la capacità di capire esattamente cosa sta succedendo, in modo da essere sempre sicuri di sapere in che mare stiamo navigando, senza rischiare di andare alla deriva.
  2. Relating, ovvero la capacità di creare relazioni e di coltivare rapporti per generare fiducia e sostegno reciproco tra i membri del team. Significa supportare e motivare i propri compagni di avventura perché in fondo ci troviamo tutti sulla stessa barca.
  3. Visioning, ovvero la capacità di visualizzare il futuro e ciò che si vuole ottenere. Significa capire quale sarà il vento giusto che ci spingerà verso la meta che abbiamo scelto. Una meta condivisa che incentiva la continua ricerca della rotta migliore.
  4. Inventing, ovvero la capacità di saper sviluppare sempre nuovi modi per raggiungere la visione, la meta. Si tratta dell’abilità di cercare e di trovare sempre nuovi mari da navigare quando quello che inizialmente abbiamo intrapreso non fa più al caso nostro.

Holacracy: come concretizzare la leadership diffusa

Purtroppo applicarlo non è semplice come sembra. Resistenza al cambiamento, clima aziendale, manager autoritari sono solo alcune delle cause che impediscono a questo modello di instaurarsi in alcune aziende.

Difficile ma non impossibile!

Holacracy è il primo modello di organizzazione aziendale che applica i principi della leadership diffusa. La prima azienda ad applicarlo è la stessa che lo ha ideato: la Ternary Software in Pennsylvania di Brian Robertson.

Il fondatore, stufo di sentirsi ingabbiato nelle tradizionali gerarchie che impediscono alle persone l’implementazione di un’idea e di progettare in autonomia ciò in cui si sentono più capaci, decise di introdurre un nuovo approccio organizzativo auto-gestito, rivoluzionando così il concetto di management.

In cosa consiste questa piccola grande rivoluzione?

Creare un sistema orizzontale in cui le singole entità aziendali si inglobano l’una con l’altra. In questo modo i reparti collaborano tra loro perché animati da uno stesso obiettivo comune. Se lo scopo è condiviso, diventa impossibile pensare un’azienda suddivisa in tante parti indipendenti. In questo modo si stimola il continuo bisogno di confronto e collaborazione. Da qui nasce il modello della leadership diffusa basato sulla definizione dei ruoli e sulla consapevolezza delle potenzialità di ciascuno.

Grazie a questo modello tutti hanno la possibilità di avere la stessa voce in capitolo, sia che si tratti di grandi manager, sia dell’ultimo arrivato.

Ad oggi, più di 300 aziende hanno implementato questo modello, guadagnando in efficacia, produttività e agilità nell’affrontare i vari cambiamenti.

I principi dell’Holacracy

  1. Non marcire sulla tua poltrona. I ruoli non sono fissi, ma cambiano a seconda delle inclinazioni e delle competenze. Essendoci diversi team, una persona può scegliere di ricoprire ruoli differenti a seconda dei progetti. In questo modo si favorisce l’autonomia decisionale e la formazione continua. Ogni individuo è inoltre libero di scegliere se abbandonare il proprio ruolo. L’importante è fare chiarezza sugli obiettivi.
  2. Non esiste un unico capo. L’azienda si suddivide in team autonomi dove ogni componente è libero di gestire la propria operatività.
  3. Fare il punto della situazione. Rendere partecipi tutti gli altri team riguardo gli sviluppi e i risultati ottenuti serve a valutare tutti assieme il corretto funzionamento di ogni singolo ruolo in base all’obiettivo comune. In questo modo sarà più facile rilevare le criticità per ogni settore, implementando sempre nuove soluzioni e promuovendo il miglioramento continuo dell’azienda stessa.
  4. Essere trasparenti. Lavorare in un’organizzazione olocratica non significa che non ci siano regole, anzi! Queste devono essere formalizzate e ben chiare a tutti in modo da poter gestire in maniera pratica riunioni, conflitti ecc.

Perché scegliere un modello di leadership diffusa? I vantaggi per le aziende

“Condividere la leadership non è facile, ma è sicuramente possibile e, in molti casi, è la chiave per il successo”.

– Marshal Goldsmith

Soprattutto dal momento che i vantaggi che si ottengono sono duplici: sia dal punto di vista delle aziende sia da quello delle persone.

Le aziende guadagneranno un vantaggio in termini di competitività: saranno più flessibili e veloci a rispondere ai vari cambiamenti, oltre che a trattenere e ad attirare i nuovi talenti.

Le persone invece guadagneranno in termini di valorizzazione del proprio lavoro e delle proprie competenze, autonomia e possibilità di crescita.

Insomma, dipendenti più soddisfatti e azienda più produttiva! Cosa si può volere di più?

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