La felicità nel lavoro come motore di sviluppo e trasformazione
La felicità non è l’effetto del successo, ma la sua causa.
Venerdì scorso, nella cornice accogliente dello Spazio Doretti di Udine, abbiamo vissuto un momento speciale: un evento che ha rimesso al centro un tema tanto essenziale quanto spesso trascurato — la felicità sul lavoro. Non un lusso, né un’utopia, ma una forza generativa capace di trasformare le organizzazioni, ispirare le persone e costruire un futuro più umano, sostenibile e prospero.
Udine città felice: la visione del sindaco
L’apertura dell’evento è stata affidata ad Alberto Felice De Toni, sindaco di Udine e presidente della Federazione Quadrifoglio, che ha saputo fin da subito creare un’atmosfera intima e riflessiva. Con uno stile autentico e appassionato, ha portato l’attenzione sul significato profondo della felicità, non come stato passeggero o desiderio individuale, ma come condizione che nasce dalla qualità delle relazioni e dal senso di appartenenza.
Nel suo intervento ha raccontato un episodio vissuto proprio la mattina stessa, durante una visita a una scuola di Udine. In quell’occasione, ha posto una domanda semplice ma potentissima agli studenti presenti: “Cos’è per te la felicità?”. Le risposte sono state disarmanti per la loro sincerità e bellezza: “fare gol”, “il sorriso di un amico”, “avere una famiglia sempre unita”. Parole che, pur nella loro semplicità, racchiudono bisogni fondamentali: riconoscimento, connessione e affetto.
Ha poi collegato queste riflessioni alla sua visione per la città, ribadendo con forza quello che è stato anche il motto della sua campagna elettorale: “Le persone sono la differenza”. Definendo anche Udine come “città felice”.
La scienza della felicità
La felicità non è solo un emozione ma una competenza che può essere allenata.
La parola è poi passata a Veruscka Gennari, co-founder di 2bhappy e dell’Italian Institute for Positive Organizations, che ha portato una prospettiva scientifica e sistemica sul tema.
Attraverso un intervento denso di contenuti, Gennari ha spiegato che la felicità non è solo un’emozione, ma una competenza che può essere allenata, esattamente come il problem solving o la leadership. Una competenza che nasce dall’allineamento coerente tra cultura aziendale, comportamenti quotidiani e processi organizzativi.
Alcuni dati condivisi ci hanno fatto riflettere:
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Solo l’8% dei lavoratori italiani si dichiara felice e coinvolto (Gallup 2024)
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Il 43% sperimenta esaurimento fisico e mentale (McKinsey)
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Il 54% non si sente libero di esprimere le proprie idee sul lavoro (Gallup)
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Solo il 15% ritiene che la propria azienda promuova realmente l’inclusione (Mindwork)
La soluzione? Abbandonare i modelli giurassici basati su controllo e paura, e passare a organizzazioni positive, capaci di far fiorire le persone e migliorare i risultati. Le Org+ (organizzazioni positive), come mostrano i dati, hanno:
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-81% di assenteismo
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+23% di profitti
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+66% di benessere interno
La felicità, insomma, non è solo desiderabile: è strategica.
La felicità sul lavoro: cosa ci rende felici?
A moderare l’evento è stato Filippo Causero, co-founder di Foxwin, che ha guidato i partecipanti attraverso momenti di ascolto, riflessione e interazione.
Filippo ha proposto un sondaggio in tempo reale, chiedendo: “Cosa ti ha reso felice nell’ultima settimana al lavoro?”
Le risposte raccolte hanno mostrato una tendenza chiara: le relazioni sono il fattore numero uno di felicità sul lavoro.
Un sorriso, una chiacchierata, una birra con i colleghi dopo un progetto concluso: piccoli gesti che costruiscono legami e rendono l’ambiente lavorativo più umano e accogliente.
Un altro dato interessante: quando si chiede “Cosa ti renderebbe felice in futuro?”, spesso emergono desideri legati a riconoscimenti economici o avanzamenti di carriera. Ma come ci ha ricordato Filippo, la ricerca mostra che la soddisfazione legata a un aumento di stipendio tende a svanire dopo pochi mesi. La felicità duratura si costruisce invece su connessioni, autonomia e senso.

Aziende che integrano la felicità sul lavoro
CDA
“Molti dei nostri collaboratori lavorano in autonomia durante la giornata, così abbiamo creato momenti informali come la pizzata del venerdì – con tanto di forno a legna! – per favorire le connessioni e rafforzare il senso di squadra.”
Beliven
“Offrire prospettive di crescita fa sentire le persone più valorizzate e motivate. Ogni mese vado a cena con qualcuno dei miei collaboratori per mantenere relazioni solide.”

Eleonora D’Alessandri, Chief Happiness Officer di CDA, ha portato la voce di un’azienda in cui la maggior parte dei collaboratori sono operatori che lavorano in autonomia sul territorio, lontano dalla sede centrale. Una condizione che rende particolarmente sfidante costruire relazioni e senso di appartenenza.
Come creare connessione in un contesto simile? Eleonora ha raccontato l’iniziativa delle “pizzate del venerdì”, un momento informale in cui le persone si ritrovano in azienda – dove è stato installato persino un forno a legna – per mangiare insieme, condividere storie, ridere e rinsaldare i legami. Un gesto semplice, ma profondamente efficace.
A questa attenzione per le relazioni si affianca un sistema di ascolto strutturato: FIL – Felicità Interna Lorda, un sondaggio che CDA propone due volte all’anno per monitorare il benessere generale, accompagnato da survey rapide dopo ogni attività, evento o formazione. Un modo per capire davvero cosa funziona e cosa può essere migliorato.
Un segnale ancora più forte? Il benessere delle persone è stato inserito come uno degli scopi statutari dell’azienda, un vero e proprio impegno formale che guida le scelte strategiche.
Eleonora ha condiviso anche una riflessione importante: CDA è un’azienda composta quasi esclusivamente da uomini, e questo rende il lavoro sulla felicità ancora più interessante e complesso. “Molti colleghi non si erano mai chiesti cosa fosse per loro la felicità”, ha raccontato. “Fanno bene il loro lavoro, sono abituati a portare risultati, ma raramente si soffermano a riflettere su cosa li motiva davvero”.
Da qui è nata la decisione di lavorare proprio su questo: riconnettere le persone alle loro motivazioni profonde, per far emergere ciò che le fa stare bene, oltre la routine. Perché solo quando ognuno si sente parte di qualcosa e riconosciuto nel proprio valore, l’organizzazione può davvero evolvere.

Andrea Virgilio, co-founder di Beliven, ha raccontato l’esperienza di una software house in rapida crescita. Per loro, il fulcro della felicità è la formazione continua. In un settore come quello IT, restare aggiornati non è solo una necessità tecnica, ma anche un elemento di motivazione e benessere.
Le azioni messe in campo sono numerose e ben organizzate:
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Onboarding curato nei dettagli, con un handbook consegnato ancora prima dell’ingresso ufficiale in azienda, per accompagnare ogni nuovo arrivo con chiarezza e accoglienza.
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Comitati interni, tra cui il Team Tonic, dedicato al benessere delle persone e alla proposta di attività extra-lavorative, eventi informali e raccolta di feedback.
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Utilizzo creativo dei meme, impiegati come strumento comunicativo per celebrare momenti, alleggerire le giornate e rafforzare la cultura interna in modo autentico e ironico.
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Mappatura dei processi, per portare trasparenza e chiarezza organizzativa, affrontando eventuali criticità non sulle persone, ma sui flussi e le modalità operative.
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Monitoraggio costante della formazione, del budget ad essa dedicato, e analisi del feedback raccolto a ogni evento, con metodi strutturati e coerenti.
Oltre a questi strumenti, Andrea ha condiviso un dettaglio personale e significativo: non riuscendo a vedere spesso tutti i suoi collaboratori, cerca di organizzare cene e momenti di convivialità per mantenere vive le relazioni, conoscersi meglio e costruire un clima di fiducia e appartenenza. Un gesto semplice, ma profondamente umano, che riflette la visione di un’azienda dove il rapporto tra le persone conta davvero.
Il risultato? Una retention dell’87% fin dalla fondazione e un clima aziendale capace di attrarre e trattenere talenti, grazie a un equilibrio intelligente tra metodo, relazioni e possibilità di crescita.
Un cambiamento necessario
L’evento si è concluso con un aperitivo e tante conversazioni spontanee. Le riflessioni emerse ci hanno confermato che parlare di felicità non è un vezzo, né una moda: è una priorità. Per creare organizzazioni capaci di affrontare la complessità servono persone che stanno bene, che collaborano, che crescono. E per questo serve coraggio: per mettere in discussione modelli giurassici e sperimentare nuove vie.
Conclusioni
Implementare azioni per rendere più felici i propri collaboratori oggi non è solo una scelta valoriale, ma una vera leva strategica per lo sviluppo delle organizzazioni. Come emerso durante l’evento, non servono rivoluzioni né grandi investimenti: spesso sono i piccoli gesti a generare il maggiore impatto. Una pizza il venerdì, una cena per ritrovarsi, un sorriso tra colleghi, un momento di ascolto sincero, un meme che fa ridere insieme. Sono questi i gesti che alimentano fiducia, appartenenza e benessere. Relazioni autentiche, autonomia, riconoscimento: è da qui che nasce la felicità organizzativa. E quando le persone stanno bene, l’organizzazione cresce, innova, resiste meglio alla complessità.
Per questo la felicità non è un lusso da concedersi alla fine, ma un punto di partenza. Un elemento da mettere al centro, fin da subito. Ci portiamo a casa storie, strumenti e idee. Ma soprattutto una domanda che può guidare ogni scelta:
Cosa ci rende davvero felici, al lavoro?

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