Come gestire i conflitti: consigli utili per una collaborazione efficace
Un gruppo di persone cieche si avvicina ad un elefante.
La prima persona inciampa nella sua gamba e esclama “un elefante è come un tronco d’albero, è grosso, tondo e ruvido”. La seconda sbatte contro lo stomaco e dice: “assolutamente non è come un albero! Un elefante è come un muro: alto, solido, e ampio”. Il terzo va addosso alla proboscide ed esclama: “l’elefante è come un serpente, lungo e flessibile”. La quarta persona trova la coda e risponde: “no, l’elefante è come una corda con una spazzola metallica in fondo!”. La quinta persona cieca si imbatte nelle orecchie e dichiara: “l’elefante assomiglia a una foglia di albero di banana”.
Chi ha ragione?
Tutti hanno ragione e tutti hanno torto.
Se è vero che la realtà è percezione e che il modo in cui vediamo il mondo dipende dalla nostra cultura e dalle nostre esperienze personali, allora ognuno, a modo suo aveva ragione, in quanto ogni persona percepiva una sola piccola parte della realtà (l’elefante).
Noi spettatori, che invece avevamo una visione d’insieme, oggettiva e generale, della situazione possiamo affermare con certezza che tutti e 5 avevano torto.
Morale: per capire meglio come gestire i conflitti è necessario avere una visione del quadro generale ma lo è altrettanto cercare di comprendere il punto di vista degli altri.
Il conflitto: come descriverlo in 3 metafore
L’iceberg
Il conflitto è come un iceberg: c’è una parte visibile e una sommersa. La parte visibile è ciò che viene espresso dalle due controparti, il motivo oggettivo per cui nasce un litigio, ovvero le pretese dei due litiganti. La parte sommersa, invece, nasconde gli interessi effettivi che esprimono le ragioni latenti del conflitto (pregiudizi, paure, aspettative…)
La porta
Il conflitto è come una porta che ci mette di fronte a una decisione: spalanchiamo la porta e entriamo nel vivo dello scontro oppure la richiudiamo facendo finta di niente? Possiamo scegliere se affrontarlo o se evitarlo. Se scegliamo la seconda opzione sappiamo però che non facciamo altro che rimandare un confronto che con il passare del tempo potrebbe far acuire le disuguaglianze.
Il fuoco
Il conflitto è come un fuoco: può essere improvviso se non ce lo aspettiamo, ma può essere utile se sappiamo sfruttarlo nel modo corretto. É distruttivo se si tratta di un incendio che divampa senza controllo bruciando tutti i boschi. É costruttivo invece, se si tratta di un timido fuocherello che intiepidisce una fredda notte.
(P.S. questo paragrafo si è ispirato all’articolo di TARA “Le 3 metafore del conflitto”)
Litigare fa bene: i conflitti positivi
Quando pensiamo ad un conflitto solitamente tendiamo ad associare una connotazione negativa. Una situazione di tensione che genera malessere non solo in chi viene coinvolto direttamente dal conflitto, ma anche in tutti coloro che lo subiscono indirettamente.
Un buon conflitto può però essere anche un alleato per risolvere problemi, fare chiarezza o scovarne degli altri di cui non eravamo a conoscenza. Se è vero che qualche volta litigare fa bene, dobbiamo essere però in grado di gestirlo e di risolverlo nel migliore dei modi.
Quindi come gestire i conflitti?
Il primo passo da fare è comprendere la natura del conflitto e le cause che lo scatenano. Queste sono molteplici, di conseguenza prima di risolverlo dobbiamo capire prima il motivo per cui è nata la divergenza.
Le cause del conflitto: conosci il tuo nemico!
Spesso un conflitto è causato dalla scarsità di: una risorsa materiale o immateriale, di condivisione o di ascolto.
Il conflitto implica un disaccordo che a sua volta crea una tensione emotiva che può essere di natura diversa. Secondo Luigi Carrera le possibili cause sono 4:
- Disaccordo sui fatti:
Non concordo con la tua versione dei fatti!
Tendiamo a non ascoltare le informazioni che contrastano con le nostre idee e quindi le evitiamo. Questo accade a causa del pregiudizio di conferma, ovvero una “scorciatoia mentale” messa in atto dal nostro cervello per focalizzare l’attenzione solo sulle cose che per noi sono più importanti. Fa parte dei meccanismi inconsci del nostro cervello. L’obbiettivo è quello di cercare il miglior risultato nel minor tempo possibile e risparmiando energie.
- Disaccordo su finalità o interessi:
Il mio obiettivo non era quello!
Le parti potrebbero non essere in accordo riguardo gli obiettivi da raggiungere. Se pensiamo di voler acquistare una macchina il nostro obiettivo sarà quello di ottenere un buon mezzo al minor costo possibile, mentre quello del venditore sarà quello di guadagnarci. In questo caso c’è un conflitto di interessi tra le due controparti.
- Disaccordo sui metodi:
Non si fa così!
Ognuno è libero di pensare e agire come meglio crede, il problema è che (per fortuna) non la pensiamo tutti allo stesso modo. Da qui può nascere uno scontro sul metodo migliore da utilizzare per raggiungere un determinato risultato.
- Disaccordo sui valori:
Non posso crederci che tu lo abbia fatto veramente!
Ognuno vive la vita a modo suo e ognuno ha un proprio sistema di valori e credenze che se non è condiviso dal gruppo può creare contrasti e situazioni di disagio.
Come gestire i conflitti giocando d’anticipo: si può prevedere un conflitto?
La risposta è sì!
Ci sono infatti dei comportamenti “spia” che ci possono far presagire la possibilità dell’insorgere di un qualsiasi genere di conflitto. Leggerli, interpretarli e anticiparli ci permetterà di capire quando, come e, soprattutto, se dobbiamo intervenire.
Se vogliamo imparare come gestire i conflitti dobbiamo giocare d’anticipo, osservando i vari tipi di comportamenti sul lavoro. Quando una persona si sente frustrata perché avverte un attrito con un collega oppure sente di aver subìto un torto, può decidere se attivare una reazione conflittuale aperta, manifestando verbalmente il suo disaccordo oppure modificando, anche inconsapevolmente il suo atteggiamento nei riguardi del collega, del capo o addirittura, dell’intero team.
In azienda, il conflitto è concepito negativamente: la persona che lo attiva rischia infatti di essere additata come l’istigatrice che rovina il quieto vivere del gruppo.
Per questo è più probabile che il conflitto rimanga latente e che, quindi venga letto solo attraverso un’attenta osservazione dei comportamenti. Tuttavia se questo cambiamento viene percepito dalla persona in causa, anch’essa si troverà di fronte ad una scelta: ignorarlo o affrontare apertamente il conflitto. Solitamente l’una o l’altra situazione dipendono molto dalle attitudini personali dell’individuo. (Ricordate la porta di prima?).
Quindi, quali sono i cambiamenti che dovrebbero far scattare il campanello d’allarme? Secondo uno studio condotto dall’Università di San Marino le avvisaglie più frequenti si traducono in una diminuzione dell’impegno, della comunicazione e della collaborazione al lavoro. Tutto ciò fa intendere un lento logoramento delle relazioni tra colleghi e del clima aziendale. Insomma, cominciano a circolare i famosi pettegolezzi da corridoio.
Come gestire i conflitti secondo il metodo TKI
Come abbiamo visto, il conflitto può avere nature diverse: può essere di natura costruttiva o distruttiva. Costruttivo se l’obiettivo è quello di far crescere il gruppo (approccio win-win). Distruttivo se le persone rimangono ferme sulle proprie convinzioni e non sono aperte a migliorare la situazione (approccio win-lose).
Il metodo TKI di Thomas-Kilmann ( Conflict Mode Instrument ) valuta il conflitto in base a come le persone si comportano durante una situazione disaccordo. C’è chi tende ad essere competitivo tentando ogni strada pur di ottenere ciò che desidera e chi viene collocato all’estremità opposta del modello, ovvero chi tenderà a sacrificarsi pur di dar sfogo agli interessi altrui.
C’è anche chi preferisce evitare il conflitto a priori (elusione). La collaborazione e il compromesso invece, vedono gli individui cercare una soluzione che sia il più possibile vicina agli interessi di entrambi.
Attenzione: i conflitti possono degenerare
Secondo il ricercatore Friedrich Glasl, il conflitto è una rovinosa discesa di 9 gradini verso il finimondo. L’escalation consiste nell’aumento dell’intensità del conflitto e trasforma progressivamente le interazioni tra gli attori coinvolti, fino ad arrivare alla reciproca de-umanizzazione degli avversari.
Le opinioni divergenti si consolidano in due punti di vista opposti e irrigidisce le posizioni. Sopravvive la fiducia nella negoziazione di una soluzione.
L’incapacità di raggiungere il proprio obiettivo produce frustrazione e la capacità di comunicare in modo efficace diventa sempre più debole, mentre la distanza percepita aumenta.
Le controparti decidono di intraprendere un’azione diretta per realizzare i propri obiettivi. Scompare l’empatia fin ad ora presente tra le controparti e si fa strada il sospetto reciproco.
Raggiungere un accordo sembra ormai impossibile e si comincia la fase di costruzione dell’immagine dell’altro come nemico e si cercano simpatie tra i potenziali “alleati”.
Si attacca apertamente e in pubblico il nemico, screditandolo.
Qui ci si gioca il tutto per tutto e cominciano una serie di minacce e contro-minacce.
“La miglior difesa è l’attacco”. Si passa a cercare di danneggiare il nemico.
Se nella fase precedente l’attacco era limitato, ora non lo è più.
Lo scontro diventa totale. Distruggere nonostante ci sia la possibilità dell’auto-distruzione.
Come risolvere un conflitto?
Condivisione, comprensione e cooperazione.
Sono le 3 parole magiche per risolvere un conflitto. Sono sicuramente belle parole, ma come è possibile applicarle nel concreto di tutti i giorni?
Ecco alcuni consigli…
- Ascolta, ascolta e…ascolta! Ti aiuterà ad entrare in connessione non solo con le tue emozioni ma anche con quelle degli altri.
- Non importa chi ha ragione. La cosa più importante è risolvere il conflitto, non stabilire chi vince e chi perde.
- Zero rancore. Coltivare il rancore come se fosse una pianta è tutto tranne che profittevole. Dimenticati del passato e pensa a ciò che sta succedendo ora.
- Evita le discussioni che si possono evitare! Fortunatamente alcune questioni sono di poca importanza, quindi, perché far ardere un fuoco in una notte di mezz’estate quando già ci sono 40 gradi?
- Perdona. Se non perdoni non vedrai mai né una soluzione né una tregua.
- Tutte le tempeste prima o poi passano. Bisogna tener conto del fatto che a volte le cose passano da sole e noi non possiamo far altro che aspettare.
Un conflitto win-win
All’interno di un gruppo di lavoro, i conflitti sono inevitabili. Mettere d’accordo più persone e più personalità diverse a volte non è così facile come sembra. L’unico modo vincente per farlo è quello di trovare una soluzione condivisa in grado di soddisfare tutti.
Puoi partire semplicemente dall’ascolto attivo dei bisogni e delle necessità di tutti i partecipanti. Nessuno si deve sentire escluso o messo in secondo piano. Solo se c’è fiducia reciproca nelle proprie capacità e in quelle degli altri si potrà ottenere la collaborazione che rende il team affiatato, produttivo e soprattutto efficace.
“Un team non è un gruppo di persone che lavorano insieme.
È un gruppo di persone che si fidano l’una dell’altra”— Simon Sinek.
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