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Ignoranza e volontà: come gestire le informazioni in questo secolo

Carboidrati, proteine, grassi, vitamine. E informazioni. 

Se parliamo di alimentazione quotidiana, dobbiamo includere anche le informazioni di cui ci nutriamo. 

Perché ogni giorno, anche senza accorgercene, noi mangiamo informazioni. 

ACCESSO E VERIDICITÀ 

Nsiamo pieni. Siamo stracolmi di informazioni che reperiamo da fonti digitali, nemmeno paragonabili ai canali comunicativi d’un tempo (radio, giornali, televisione, ecc.). 

A questo punto, ecco un errore tragico. 

Non affinando una nostra personale capacità selettiva, ci capita di confondere l’agevole accesso ai social network come automatica garanzia di autorevolezza e veridicità delle informazioni che troviamo.  

Da una ricerca di PEW Research Center (2017), emerge che quasi un americano adulto su quatto si informa quasi esclusivamente da Facebook.  

Azione pericolosissima. 

uomo che guarda un foglio

UN PRIMO PROBLEMA SOCIALE  

Tuttavia,  una maggiore quantità di informazioni non porta automaticamente a una maggiore conoscenza, considerando che 4 italiani su 5 non sanno ad oggi riconoscere una fake news (Università Suor Benincasa, 2018).  

Ed ecco il problema. 

Negli adulti si osserva una crescita di casi di analfabetismo funzionalecon cui si indicano le persone che, nonostante siano state istruite e sappiano leggere e scrivere, non sono più in grado di usare la lettura, la scrittura e la capacità di calcolo per il proprio sviluppo cognitivo e quello della comunità.  

Secondo la definizione del rapporto PIAAC dell’Ocse (l’indice internazionale che misura il livello di competenze digitali negli adulti), queste persone non riescono a “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. 

A questo punto saremmo portati a pensare che riguardi gli adulti. Ma non è così. 

Secondo i dati dell’OCSE, l’analfabetismo funzionale colpisce anche i giovani. Un giovane italiano su sei non comprende a pieno il significato di ciò che legge. 

È stato rilevato infatti che una parte dei giovani considerati non sono in grado di interpretare o leggere tra le righe di un testo. E la stessa difficoltà si riscontra anche nell’elaborare un proprio pensiero critico successivamente alla lettura. 

UN SECONDO PROBLEMA SOCIALE  

L’Italia si riscontra anche un altro tipo di analfabetismo: quello digitale. 

Secondo il PIAAC, nel 2018 l’Italia si colloca quartultima fra i Paesi dell’Unione Europea, seguita solo da Bulgaria, Grecia e Romania. Una posizione che resta simile sia che si guardi alle competenze di base che a quelle specialistiche.  

Sempre secondo il PIAAC, il 70% della popolazione italiana ha livelli di competenze basse e molto basse in lettura e scrittura. 

Al di là di Leopardi e Manzoni, questo purtroppo significa una cosa. 

Che queste persone hanno maggiori probabilità di: 

  • avere problemi di salute 
  • convincersi di avere poco peso sul processo politico 
  • non partecipazione alle attività associative 
  • minor fiducia nel prossimo 

 

UN TERZO PROBLEMA SOCIALE  

Un’altra piaga è l’accesso e l’utilizzo della rete, che è molto meno diffuso di quanto si creda. 

Sul piano privato, i dati dicono che rimane ancora bassa la percentuale di chi in Italia utilizza Internet regolarmente (69%).  

Un ritardo che si riflette su altri indicatori, quali: 

  • Utilizzo di e-commerce 
  • Partecipazione ai social network 
  • Lettura di quotidiani online 
  • Ascolto di musica/Visione di video 

  

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CHI RISOLVE I PROBLEMI?  

Lo sanno anche i sassi. I problemi sociali dovrebbe risolverli la politica, in collaborazione complementare con le famiglie e la scuola. 

Ma le aziende non possono stare a guardare. 

Molte aziende non solo cercano ‘figure professionali’ che non riescono a trovare. Ma cercano anche ‘persone’ che non trovano. 

 Il cambiamento che fa la differenza ha sempre tre caratteristiche: parte dal basso, richiede tempo, include cooperazione sinergica. 

Belle parole? No, azioni concrete. Azioni concrete che le aziende dovrebbero pretendere da chi prende scelte politiche.  

 

Per fare due esempi.  

Un piano nazionale per lo sviluppo delle competenze e delle abilità digitali attraverso gli strumenti della formazione continua, che preveda incentivi fiscali per i lavoratori e le aziende che si muovono in questa direzione. 

Un fondo nazionale per l’alfabetizzazione digitale che affidi ai Comuni il coordinamento per l’avvio di un’azione volta a dotare le fasce deboli delle conoscenze digitali necessarie. 

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